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Progettare terre dell’incontro e dello scambio

I nuovi Gruppi di Azione Locale (GAL) dovranno elaborare strategie di sviluppo locale intorno a pochi ambiti tematici. La prospettiva dell'inclusione sociale, coniugata con efficienti filiere agroenergetiche e reti intelligenti, permette di rivitalizzare i territori rurali intorno all'idea dell'incontro e dello scambio, dell'integrazione e dell'ospitalità. Un tipico connotato dell'area mediterranea

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In questi giorni si sono avviati gli incontri nei territori rurali per scegliere gli ambiti tematici di intervento intorno a cui  i nuovi Gruppi di Azione Locale (GAL) dovranno elaborare la strategia di sviluppo locale Leader.

In base ai bandi delle Regioni possono essere considerati non solo gli ambiti tematici previsti dall’Accordo di Partenariato 2014-2020 ma anche altri ambiti, in linea con questo documento, strettamente coerenti coi fabbisogni emergenti e le opportunità individuate per i propri territori, nonché con le competenze e le esperienze maturate dai soggetti facenti parte del GAL.

Ciascun GAL potrà sceglierne uno, massimo tre. Ci vuole, dunque, discernimento per individuare l’opzione più congrua al perseguimento di uno sviluppo della società locale in tutte le sue dimensioni e articolazioni.

Un ambito tematico che sicuramente attiene ad una visione dello sviluppo locale che abbia tali caratteristiche è “l’inclusione sociale di specifici gruppi svantaggiati e/o marginali”.

Bisognerebbe, innanzitutto, ampliarne la portata all’insieme delle tematiche riferite alla Legge 18 agosto n. 141 sull’agricoltura sociale: a) inserimento socio-lavorativo di persone e lavoratori svantaggiati; b) servizi e azioni per la vita quotidiana delle persone e delle comunità locali volti allo sviluppo di abilità e capacità; c) servizi che affiancano e supportano  le  terapie mediche, psicologiche e riabilitative attraverso l’ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante; d) progetti finalizzati all’educazione ambientale  e  alimentare, alla salvaguardia della biodiversità, nonché alla  diffusione della conoscenza del territorio.

L’idea dell’inclusione sociale nei territori rurali  evoca le multiformi agricolture di relazione e di comunità in cui le attività svolte sono intese come mezzo di incivilimento per migliorare il “ben vivere” delle persone. Tali agricolture sono espressione di un più generale processo di modificazione dei bisogni sociali e dell’emersione di nuovi criteri di organizzazione dei servizi nei territori rurali. Con esse riemerge, in forme nuove, la prospettiva della comunità e della sua capacità di autogoverno delle risorse per soddisfare i bisogni sociali individuali e collettivi, oltre le tradizionali dicotomie pubblico/privato e Stato/mercato.

La prospettiva dell’inclusione sociale evoca, infine, uno dei caratteri storici di fondo dell’area mediterranea: insieme di terre dell’incontro e dello scambio che circondano un mare. Una vocazione che si traduce nella capacità di autoctoni e migranti di dar vita ad attività agricole e rurali che promuovono filiere agricole di qualità, servizi sociali e ospitalità a persone che arrivano da ogni parte d’Europa, rivitalizzando risorse culturali, archeologiche e paesaggistiche del territorio.

Quali altri temi possono meglio interagire con il suddetto ambito per costituire le condizioni di un autosviluppo della società locale inclusivo, sostenibile e intelligente?

La scelta dovrebbe riguardare due ambiti innovativi già previsti dall’Accordo di Partenariato:

1) “sviluppo della filiera dell’energia rinnovabile (produzione e risparmio di energia)” in linea con il Quadro comunitario per il Clima e l’Energia 2030;

2) “reti e comunità intelligenti” che integrano welfare, energia, settori ICT, valorizzazione dei beni storico-culturali e ambientali, creazione artistica.

L’interazione tra questi tre ambiti tematici permette agli attori locali di implementare progetti che sviluppino veri e propri modelli innovativi di welfare, capaci di rendere il territorio più attraente e competitivo.

L’innovazione sociale è l’esito di una pluralità di relazioni a partire da un’osmosi tra conoscenza scientifica e saperi esperienziali. Oggi, il digitale, la robotica, le biotecnologie e i flussi derivanti dalla globalizzazione permettono alle comunità-territori di superare le dicotomie centro/periferia, urbano/rurale e metropoli/aree interne, assorbendole in una dimensione policentrica,  e di considerare ogni superficie uno spazio specializzato e, al tempo stesso, polifunzionale.

Si tratta, dunque, di puntare alla qualità delle partnership e delle collaborazioni, alla reinvenzione della cultura agricola e rurale locale, al rilancio in forme moderne delle pratiche solidali e dei beni relazionali propri dei contesti rurali tradizionali, insomma alla rivitalizzazione  della funzione generatrice di comunità propria dell’agricoltura che nasce 10 mila anni fa, innanzitutto, come agricoltura di servizi (al servizio appunto delle prime comunità sedentarie) prima ancora di connotarsi come attività produttiva.

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