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Un libro di Mario Campli analizza i percorsi di ricerca di Olivier Roy e Gilles Kepel nei vari contesti del jihad globale
L’Islam contemporaneo costituisce un fenomeno complesso. Non basta conoscere la sua tradizione storico-religiosa. Occorre approfondire anche l’evoluzione sociale e culturale delle popolazioni che hanno fatto propria tale religione a seguito della sua espansione sia ad oriente che ad occidente. E così si scopre una realtà multiforme: mondi musulmani che si lasciano attrarre dai vari modelli laici e movimenti che prestano crescente attenzione allo stato etico e a progetti socio-politici radicali, che hanno poco a che fare con l’elemento religioso.
Per affrontare tale tematica, Mario Campli non si improvvisa islamologo ma segue i corsi al Pisai (Pontificio istituto di studi arabi e d’islamistica) in viale di Trastevere a Roma. E pubblica: “«Auctoritas et potestas». Autorité et pouvoir en Islam” in “Questions autour de l’autorité et du pouvoir dans le monde arabe” – Etudes Arabes n° 115/2018; recensioni di Jawdat Said, “Vie islamiche alla non violenza” e di A. Melloni, F. Cadeddu, F. Meloni (a cura di), “Blasfemia, Diritti e Libertà”, entrambe pubblicate in “Islamochristiana”, n° 44/2018.
Con il volume “Islamizzazione e Radicalizzazione. Saggio su Olivier Roy e Gilles Kepel” (Cavinato Editore International, 2021), Campli mette ora a disposizione dei lettori la sua prima opera matura sul tema dell’Islam. Un’opera che consente a chiunque, anche se digiuno della materia, di avvicinarsi ad un mondo complicato ma affascinante.
L’autore ci conduce per mano innanzitutto nell’usare correttamente termini come “islam”, “islamismo”, “jihad”, “fondamentalismo”, “integralismo”, “radicalismo”, “rivoluzione”, “laicità”. Ma l’originalità del saggio consiste nell’affrontare il tema dell’Islam contemporaneo attraverso l’approfondimento delle ricerche di due intellettuali francesi. Si tratta di due islamologi, che sono anche politologi e arabisti: Olivier Roy e Gilles Kepel. Pur partendo da uno stesso terreno di analisi, essi sviluppano due visioni diverse del fenomeno. E il libro serve a mettere a fuoco i due approcci, facendo emergere con rigore e precisione i processi di apprendimento, le costruzioni ideologiche, le emozioni, le narrazioni, le metodologie di studio e di ricerca, le diversità e i punti di contatto. Dall’indagine dettagliata dei due percorsi intellettuali viene così a galla la “questione musulmana” della Repubblica francese, lastricata di attentati, morti, violenze. Ma quel che più desta interesse è la lunga serie di equivoci, malintesi, pregiudizi che impediscono all’opinione pubblica di farsi un’idea di questo mondo complesso corrispondente alla realtà. I diversi approcci di Roy e Kepel, pur confliggendo su diversi punti, sono tra loro complementari per poter intraprendere azioni tese a contrastare la violenza e a promuovere il dialogo, la cittadinanza e la democrazia.
Per Roy “il terrorismo deriva non dalla radicalizzazione dell’Islam ma dalla islamizzazione della radicalità”. A questa conclusione egli perviene dopo aver eretto una sua particolare islamologia. Il cui pilastro principale è l’idea che, al tempo della globalizzazione, il secolarismo produce un approccio alla religione “mutato”, “deculturato”, “deterritorializzato”, con una “pretesa di universalità”. E questa mutazione è trasversale a tutte le religioni. Cresce in tale contesto il neo fondamentalismo islamico e si riformulano le sue varie ortodossie dando vita, a partire dagli anni ’60, a due ideologie rivali: l’islamismo e il nazionalismo.
Campli scandaglia, scompone e mette in fila gli esiti delle ricerche sociologiche effettuate sul campo da Roy. Ma non si limita ad esaminare solo il materiale prodotto dallo studioso francese. A volte completa le analisi comparate di Roy con elementi che derivano dalla sua approfondita conoscenza della storia e delle esperienze politiche e prassi legislative degli Stati del sud Europa e dell’Europa orientale, in riferimento al rapporto tra cristianesimo e politica.
L’autore conduce l’indagine sull’islamologia di Roy prestando una metodica e puntuale attenzione ai temi della tenuta democratica delle istituzioni, della formazione dell’opinione pubblica, del livello di approfondimento degli eventi terroristici da parte degli analisti. Soprattutto quando affronta la complessità del passaggio dal neofondamentalismo alle pratiche di jihadismo e di terrorismo, in cui s’invera quella che Roy definisce “islamizzazione della violenza”. Così emergono con nettezza i malintesi e le falsità sulle cause della radicalizzazione. Non ci sono infatti correlazioni tra condizioni socio-economiche e motivazioni dei terroristi; tra proteste sociali, politiche e religiose dei musulmani e atti terroristici; tra mappa delle banlieue più problematiche e quella jihadista; tra cultura religiosa che circola nelle moschee e religiosità priva di cultura che caratterizza il modo di essere e di pensare dei jihadisti e terroristi. A parere di Roy, la violenza islamica contemporanea si comprende se si pone “in parallelo con forme di violenza e radicalità che presentano tratti analoghi (rivolta generazionale, autodistruzione, rottura radicale con la società, estetica della violenza, adesione di individui in crisi a grandi narrazioni globali, sette apocalittiche”.
Lungi dal voler esonerare l’Islam da ogni responsabilità, con questo posizionamento Roy vuole avvertirci che “la religione, ogni religione, non è uno strumento di radicalizzazione o deradicalizzazione”. Egli suggerisce di non interpretare la “laicità” come “espulsione della religione dal dibattito pubblico”, ma di intenderla come capacità di dialogo per far emergere nuove forze “in grado di inventare un Islam pratico e pacificato”.
Il percorso di Kepel – così come viene delineato da Campli – è anch’esso di ricerca sul campo, viaggiando spesso in Africa del Nord e nel Vicino e Medio Oriente. Egli indaga il processo di islamizzazione, sia sul piano politico che sociale, avviatosi quando l’élite politica che si era impadronita del potere al momento della decolonizzazione (in particolare Nasser e Boughiba) compie la grande rottura culturale con la tradizione. Lo studioso francese inserisce nella sua ricerca un ulteriore approfondimento che riguarda la crescente islamizzazione della mentalità. È un percorso affascinante perché l’Islam non è studiato solo attraverso gli scritti dei suoi “dottori”, ma nel fuoco dei conflitti e nella sequenza delle diverse fasi del jihadismo.
Nell’”Epilogo”, Campli mette a confronto in modo stringente i due approcci e chiude la sua riflessione con il tema del ritorno dell’Afghanistan nel potere dei Talebani. Sono sempre Roy e Kepel ad essere interpellati (coi loro articoli e le loro interviste) perché forniscano le loro rispettive interpretazioni su chi sono i Talebani e sui caratteri della nuova recrudescenza del jihadismo globale. Emergono così con nettezza i lineamenti del passaggio d’epoca che stiamo vivendo, in cui tutte le vicende dell’Islam appaiono incredibilmente connesse nelle diverse aree del pianeta, tutti i loro problemi appaiono globali e le tentate soluzioni non globali appaiono sbagliate e pericolose per le nostre libertà.