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E’ morto Giovanni Franzoni

Abate di San Paolo fuori le Mura di Roma, era stato costretto nel 1973 ad abbandonare il suo incarico per le pressioni degli ambienti cattolici conservatori

Franzoni2La sua testimonianza di fede ha segnato uno snodo decisivo della vita del Paese e della Cristianità. A partire dagli anni Sessanta, Giovanni Franzoni aveva condotto una lotta per il rinnovamento della liturgia e per l’impegno della Chiesa nei movimenti sociali. La sua azione si ispirava allo spirito evangelico, in sintonia con l’azione in Francia di dom Bernard Besret, ex priore dell’abbazia cistercense di Boquen.

Franzoni era nato nel 1929 a Varna, in Bulgaria, dove i genitori si erano stabiliti per motivi di lavoro. Tornato in Italia, aveva trascorso la propria adolescenza a Firenze. Era stato poi ammesso all’Almo collegio Capranica di Roma ed entrato nell’ordine benedettino, aveva compiuto gli studi teologici presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo. Ordinato sacerdote nel 1955, era stato eletto abate dell’abbazia di San Paolo fuori le Mura nel 1964 e, in tale veste, aveva partecipato alle ultime due sessioni del Concilio Vaticano II, risultando il più giovane tra i padri conciliari.

Nel 1969 Franzoni aveva intrapreso un rinnovamento della liturgia parrocchiale, allo scopo di attirare i giovani. Le sue omelie venivano spesso intese come una presa di posizione politica sui problemi della società. Infatti, per lui, la Chiesa doveva assumere un ruolo profetico denunciando ogni forma di sfruttamento e doveva mettersi dalla parte dei poveri “per rovesciare al loro fianco i meccanismi che li mentengono nella miseria”.

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Nell’agosto 1973, papa Montini aveva accettato le sue dimissioni dalla carica di abate. E l’anno seguente era stato sospeso “a divinis”. Nell’imminenza del referendum sul divorzio egli aveva preso posizione a favore della libertà di scelta per i cattolici. La rottura definitiva con la gerarchia cattolica era avvenuta, qualche anno dopo, nel 1976, con la riduzione allo stato laicale.

In questi decenni, Franzoni ha continuato ad animare la Comunità cristiana di base di San Paolo fuori le Mura ed è stato punto di riferimento delle Comunità di base costituitesi in diverse regioni italiane. Esse hanno rappresentato, nel panorama delle aggregazioni cattoliche, un movimento del tutto peculiare con un richiamo esplicito al Concilio Vaticano II e, in particolare, alla riscoperta del valore delle chiese locali, quelle delle origini per intenderci, e di un cristianesimo che si incarna nella storia degli uomini.

Esse hanno mantenuto un collegamento tra loro senza mai considerarsi un modello di pratica ecclesiale. Mentre i Neocatecumenali, i Focolarini, l’Opus Dei, i Legionari di Cristo, Sant’Egidio, Comunione e Liberazione si sono caratterizzati come movimenti in competizione tra loro ma legati direttamente al papa, spinti da una “spiritualità di conquista” per ritornare ad un “regime di ri-consacrazione” del cristianesimo, le Comunità di base hanno scelto di mettere costantemente alla prova la loro “fede in Dio e fedeltà alla terra” senza mai darsi un progetto organizzativo. Hanno vissuto un’idea di chiesa ancorata alla lettura comunitaria della Bibbia per ispirare ad essa la propria iniziativa sui problemi concreti della società.

Hanno cercato, in sostanza, di costruire dal basso una chiesa rispettosa delle scelte di ciascuna comunità, in una prospettiva di pluralismo teologico e istituzionale. Una chiesa povera dalla parte dei poveri praticata mediante i principi dell’autoconvocazione e della “porta aperta”, senza tuttavia negare all’istituzione ecclesiastica la sua funzione di garantire, nelle forme ritenute storicamente più idonee, la presenza cristiana nel mondo. Una chiesa priva di potere e dotata solo dei mezzi necessari per assolvere alla sua funzione di evangelizzazione.

Con la scomparsa di Franzoni si chiude, di fatto, anche l’esperienza delle Comunità cristiane di base, quando ormai il confronto tra diverse fedi, religioni, culture e saperi si è fatto molto più complesso. In un mondo in continua trasformazione, gli strumenti e le modalità per rendere proficuo il dialogo interculturale e interreligioso vanno completamente ridefiniti, a partire dal concetto stesso di laicità, che assume oggi una valenza generale molto più ampia rispetto al passato.

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