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Accrescere la nostra reputazione

Intervento introduttivo all’Incontro pubblico di presentazione del Bilancio Sociale dell’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana, svoltosi a Roma, nella Sala Conferenze "Vittorio Zavagli" il 17 dicembre 2009

IZSLT

Con l’incontro di oggi presentiamo l’edizione 2007-2008 del Bilancio Sociale del nostro Istituto. Lo illustreranno il Direttore Generale Dott. Renzo Brizioli, il Direttore Sanitario Dott. Remo Rosati, il Direttore Amministrativo Dott. Franco Brugnola e le Dott.sse Daniela Di Marcello e Antonella Bozzano.

Introduco i lavori a nome del Consiglio di Amministrazione, che nell’ordinamento del nostro Istituto non ha compiti gestionali ma di indirizzo, coordinamento e controllo. Tra gli indirizzi generali per la programmazione delle attività dell’Istituto – che abbiamo ribadito ancora ieri nell’approvare quelli per il 2010 – vi è l’indicazione di perseguire una strategia di Responsabilità Sociale e di adottare i relativi strumenti, tra cui il Bilancio Sociale e un sistema efficace di comunicazione.

Il nostro Istituto è uno strumento tecnico scientifico del servizio sanitario e deve garantire la salute degli animali, la sicurezza degli alimenti, l’igiene degli allevamenti e delle produzioni animali mediante attività di controllo. La sua configurazione attuale è il frutto del decentramento delle competenze a favore delle Regioni e del processo di aziendalizzazione delle strutture sanitarie pubbliche. Siamo un’azienda e come tale dobbiamo comportarci.

I nostri “azionisti” – se così si possono definire – sono lo Stato e le Regioni Lazio e Toscana. Noi pensiamo che non sia sufficiente avere dei doveri solo verso gli “azionisti”, ma verso tutti i soggetti che interagiscono con le nostre attività, influenzano e sono influenzati dalle nostre azioni. Il nostro dovere non è solo quello di aumentare i “profitti” dei nostri “azionisti” – che nel nostro caso significa improntare le attività a criteri di economicità e di riduzione dei costi per qualificare e razionalizzare la spesa pubblica – ma di tutelare i diritti di tutti i portatori d’interesse con cui noi veniamo in contatto o sono influenzati dalle nostre attività.

Il senso della Responsabilità Sociale d’Impresa per un Istituto come il nostro

Finora l’Istituto ha conseguito gli obiettivi fissati dalle due Regioni e attuato gli indirizzi del Consiglio di Amministrazione. E siamo certi che continuerà a farlo. Ora vorremmo che si passasse concretamente al percorso di Responsabilità Sociale d’Impresa in base alla definizione che ne ha dato la Commissione Europea nel famoso Libro Verde del 2001: “L’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ambientali delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.

Vorremmo cioè volontariamente aggiungere alle nostre attività,  che si svolgono nel solco degli obiettivi e delle regole che ci derivano dagli “azionisti”, due ulteriori elementi:

1) le preoccupazioni sociali, che si riferiscono alla giustizia sociale e, dunque, al  benessere umano, alla qualità della vita, al lavoro, alla salute, all’inclusione sociale, al patrimonio storico-culturale delle nostre comunità locali, ecc.);

2) le preoccupazioni ambientali, che attengono alla cura della qualità del territorio e, dunque, al benessere dell’ecosistema, al benessere animale, alla tutela della biodiversità vegetale e animale, ecc.).

E vogliamo farlo per accrescere la fiducia nelle relazioni che noi intratteniamo con altri soggetti pubblici e privati, nella consapevolezza che la sicurezza alimentare, l’ambiente, il rispetto dei diritti umani, l’inclusione sociale sono tematiche che suscitano grande interesse tra i cittadini.

La rinnovata strategia di Lisbona promuove la crescita e l’occupazione in modo pienamente coerente con lo sviluppo sostenibile. L’evoluzione della PAC sta seguendo questo orientamento di fondo: lo sviluppo rurale non è altro che l’applicazione della strategia di Lisbona alla politica agricola. Ebbene, seguendo questo orientamento, la Commissione europea nel 2006 ha riconosciuto che la Responsabilità Sociale d’Impresa  può “fornire un contributo essenziale allo sviluppo sostenibile rafforzando al tempo stesso il potenziale innovativo e la competitività dell’Europa” e ha invitato tutti gli operatori pubblici e privati a riflettere sulle misure necessarie per la sostenibilità e ad avanzare proposte ambiziose che vadano oltre i requisiti legali minimi vigenti.

“Fare rete” come percorso di Responsabilità Sociale d’Impresa

La nostra attività è incentrata sul controllo e il miglioramento della qualità degli alimenti e dei processi produttivi agricoli  e zootecnici. Costituiamo, insieme ai servizi veterinari pubblici e privati, quel pezzo di sistema sanitario che interagisce in modo profondo con il sistema agroalimentare italiano.

Questo sistema, se vuole diventare competitivo e concorrenziale rispetto ai sistemi di altri paesi, deve avere complessivamente un orientamento alla Responsabilità Sociale delle nostre imprese comunicando ai consumatori e all’opinione pubblica i principi etici assunti nella gestione e nella produzione.

Il sistema agroalimentare può, dunque, giocare una carta importante proprio evidenziando il “come produce”, dal momento che l’acquisto di un prodotto alimentare è legato a valori quali la salute, l’ambiente, la tradizione, la cultura, il benessere (umano, animale e dell’ecosistema). In sintesi, è legato alla fiducia.

Il nostro Istituto, dunque, insieme ai dipartimenti di prevenzione delle AUSL, dovrà impegnarsi non solo a perseguire un proprio specifico percorso di Responsabilità Sociale, di cui sono strumenti principali il Bilancio Sociale, la Rendicontazione ai portatori d’interesse, le Certificazioni di Qualità dei servizi erogati e, ultimamente, non solo per la Toscana, dove già da tempo è in uso, ma anche per il Lazio, l’adozione del programma per le Verifiche di Performances, in collaborazione con il MES dell’Istituto Universitario “S. Anna” di Pisa.

Esso intende anche contribuire a far sì che il sistema agroalimentare, con cui interagisce profondamente, possa adottare, a livello delle singole imprese e dei loro aggregati di filiera e territoriali, percorsi di Responsabilità Sociale per diventare più competitivo.

Fare rete” – di cui spesso si parla senza mai definirne un senso preciso – non è altro che una modalità di Responsabilità Sociale. Per l’agricoltura e il sistema agroalimentare è un modello imprescindibile per la competitività. Noi intendiamo contribuire all’adozione di tale strumento nelle nostre due Regioni.

Non partiamo da zero. Abbiamo già costruito un pezzo del percorso: le intese realizzate non solo con gli Assessorati alla Sanità ma anche con quelli all’Agricoltura ( da consolidare istituendo con essi la Conferenza programmatica già in essere coi primi),  con gli Assessorati all’Ambiente, con ARSIAL, ARSIA, ARPAT, ARPA, con le istituzioni di ricerca e di alta formazione, con il mondo associativo.

E’ un percorso difficile – ce ne rendiamo conto – che, tuttavia, noi vogliamo fare adottando una strategia di ascolto; quella che ci costringe a fare i conti con il consenso, un elemento intangibile della gestione di un’azienda, un elemento che, come direbbe Einstein, “conta, ma non si conta”.

Gli strumenti della Responsabilità Sociale d’Impresa ci permettono di gestire questa “fiducia” e inserirla a pieno titolo tra le attività intangibili che danno valore al nostro Istituto, accrescono la sua reputazione.

L’importanza della comunicazione

La comunicazione è un ulteriore strumento che stiamo perfezionando. Il sito internet, il suo carattere interattivo, le relazioni con la stampa, sono aspetti a cui stiamo dedicando grande attenzione per realizzare la strategia di ascolto e non solo per informare delle nostre attività.

Scriveva Danilo Dolci: “Se ognuno al mondo sapesse distinguere il trasmettere dal comunicare, il mondo sarebbe diverso… Occorre il coraggio, non solo intellettuale, di chiamare comunicazione soltanto il sistema in cui ogni partecipante coinforma e corrisponde”.

I traguardi sociali e ambientali delle nostre attività

Adottare un percorso di Responsabilità Sociale modifica profondamente la struttura che lo compie. Non è un belletto o un fiore all’occhiello per apparire migliori o più attraenti. Assumere impegni dal punto di vista dello sviluppo sostenibile comporta una dilatazione notevole dei compiti istituzionali oltre quelli indicati dalle normative che ci riguardano. Mi riferisco alla tematica ambientale connessa alla sicurezza alimentare intesa nella sua accezione più ampia fino a comprendere le deroghe igienico-sanitarie per salvaguardare i prodotti tradizionali, al benessere animale e alla tutela delle razze equine e asinine in estinzione; ma anche alla tematica sociale legata alle attività e alle terapie assistite dagli animali, che si vanno sempre più diffondendo nelle pratiche di agricoltura sociale, e alla diffusa presenza di animali da compagnia nelle nostre città, che richiede un’intensa attività educativa e formativa verso le famiglie, a partire dai nuovi saperi in materia di etologia e di bioetica.

Naturalmente l’ampliamento della nostra operatività a tali tematiche ha ripercussioni notevoli sul regolamento interno e sul processo di aziendalizzazione. Ma far fronte a tali conseguenze è un impegno ineludibile se vogliamo adottare la strategia della Responsabilità Sociale.

Accrescere la nostra reputazione tra i “proprietari dei paletti”

“Fare rete” significa “fare sistema”. Intendiamo, dunque, coordinare i nostri strumenti di Responsabilità Sociale con quelli che usano i nostri stakeholder. Non vogliamo ottenere una sommatoria, ma un’integrazione, un sistema.

La differenza è notevole tra sommatoria e sistema: è la stessa tra musica e rumore. Vogliamo ottenere un’armonia dei diversi strumenti. Siamo, tuttavia, consapevoli che il risultato di tale impegno non dipende dal modello adottato ma dal percorso. Tale percorso o viene fatto effettivamente in armonia con altri soggetti o resta un desiderio che non avrà alcun effetto concreto.

La Responsabilità Sociale non è quella che noi riteniamo di adottare ma è quella che l’opinione pubblica ci riconosce, che i diversi interlocutori si riconoscono reciprocamente.

Chi, come me, viene dall’agricoltura sa che i valori di reciprocità e di mutuo aiuto caratterizzano da sempre il mondo rurale. Dunque, la Responsabilità Sociale è nel DNA culturale del settore. Del resto la parola stakeholder ha origine nella cultura contadina scozzese. Il suo significato letterale è “proprietario del paletto”, quello che segna il confine del fondo o del podere.

Tenere in considerazione gli interessi degli stakeholder significa tenere in conto gli interessi del contadino confinante. Nel nostro podere si ha diritto a fare ciò che si vuole, ma c’è sempre un vicino che, ai confini delle nostre azioni, è portatore di semplici interessi e che può essere tutelato solo dai nostri comportamenti. In cambio il nostro vicino offre consenso, fiducia, quello che ci fa accrescere la nostra reputazione e ci permette di vivere in armonia nella stessa comunità.

E’ questo il senso che vorremmo dare alla nostra iniziativa.

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