Agriservizi a
Roma: la metropoli e la sua campagna
1.L’agricoltura è una grande opportunità per una metropoli, come quella di Roma, alle prese con gravi problemi sociali, ecologici e funzionali, che vanno dalla povertà alla criminalità, dal degrado ambientale al traffico.
I segni del malessere di questa
città sono scolpiti nei suoi nuovi paesaggi.
La città che è dentro le mura ha perduto abitanti mentre gli spazi aperti sono
esplosi. “La città è ovunque, quindi non vi è più città” per usare
un’espressione molto forte di Massimo Cacciari.
L’agricoltura romana si confonde in un continuum urbano-rurale che vede “il
centro portarsi nella periferia” e “tessuti sociali dinamici diventare
molteplicità dialettica di sistemi, reattiva e policentrica”. E’ quanto ha
osservato Franco Ferrarotti, tornando dopo quarant’anni nei luoghi della sua
famosa “Inchiesta sulle periferie romane”.
L’agricoltura di Roma, con i suoi 51 mila ettari di superficie coltivabile, non
ha nulla da invidiare per capacità produttiva e imprenditoriale alle
agricolture più evolute della Regione ma risente fortemente della sua condizione
metropolitana.
Come avviene anche in altre metropoli, le povertà del sud del mondo si
riversano nelle periferie romane e incrociano un’agricoltura che naviga in
condizioni difficili e nuove povertà di casa nostra.
Con la crisi economica, infatti, si trasferiscono nelle periferie della
metropoli romana anche i nuovi arrivati dalle aree rurali più interne della
Regione che continuano a spopolarsi, i disoccupati di lungo periodo e coloro
che pur lavorando saltuariamente hanno perduto le protezioni che permettevano
loro di assicurarsi l’indipendenza economica e sociale.
Sicché il problema della città non attiene più soltanto alla qualità della
vita; un aspetto che è stato finora affrontato dotando i quartieri di servizi
collettivi e di spazi verdi.
La questione urbana è diventata una grande questione sociale perché i fenomeni
di esclusione si sono ingigantiti.
Dagli anni Settanta in poi si spostavano nelle aree agricole persone
insoddisfatte dei modelli urbani che ricercavano forme di vita, di produzione e
di consumo più equilibrate.
Abbiamo utilizzato espressioni come “periurbanizzazione” e “agricoltura
periurbana” per definire un fenomeno che ci appariva transitorio e fortemente
dinamico.
Dagli anni Novanta tale fenomeno si è invece stabilizzato. E abbiamo definito “rurbanizzazione”
questo progressivo e inarrestabile trasferimento di popolazione urbana nella
campagna.
Le motivazioni che spingevano le persone a “rurbanizzarsi” si racchiudevano in
domande di senso. Adesso si aggiungono le insicurezze derivanti dalla crisi
economica.
Ma domande di senso e insicurezze sono alla base anche delle innovazioni
prodotte da diversi giovani agricoltori che hanno ereditato l’azienda di
famiglia.
Spinti dalla globalizzazione ad abbandonare modelli produttivi eccessivamente
specializzati perché non premiati dai mercati, essi sono stati indotti, per
integrare il reddito, a sperimentare nuovi modelli agricoli.
E’ per questo motivo che nella campagna di Roma sono aumentate le aziende
multifunzionali, che hanno introdotto negli ultimi anni innovazioni sia dal
versante del processo produttivo che da quello organizzativo. Sono, infatti,
sempre più numerose le imprese agricole che vendono direttamente prodotti
biologici e di qualità in azienda o nei mercati rionali e nello stesso tempo
offrono servizi culturali, didattici, ricreativi e sociali.
Esse svolgono anche una funzione ambientale perché hanno riconvertito le
aziende, introducendo metodi di produzione a ridotto uso di mezzi chimici e
meccanici e dunque più confacenti alle nuove attività che svolgono a servizio
della collettività.
2. La campagna di Roma è luogo d’elezione dell’agricoltura sociale, ossia di
quelle esperienze che vedono persone provate da diverse forme di disagio
trovare nelle attività agricole un modo per realizzare il proprio progetto
personale verso l’autonomia.
Si tratta di quei percorsi finalizzati a promuovere inclusione sociale e
lavorativa e servizi educativi, terapeutici e riabilitativi.
L’inserimento lavorativo in agricoltura può riguardare persone con disabilità,
ex tossicodipendenti, ex detenuti, disoccupati di lungo periodo, giovani con
difficoltà nell’apprendimento o nell’organizzare la loro rete di relazioni.
D’altro canto, i servizi terapeutici, riabilitativi e di inclusione sociale mediante
l’utilizzo di risorse agricole possono interessare soggetti con disabilità
gravi, anziani, malati terminali, donne che hanno subito violenza.
Per quanto riguarda, infine, i servizi educativi, vanno considerate le attività
rivolte alla fascia di età prescolare mediante l’istituzione di agrinidi e
quelle orientate a supportare l’integrazione di alunni svantaggiati nelle
scuole di ogni ordine e grado.
Tali servizi costituiscono il naturale prolungamento dei percorsi formativi già
largamente sperimentati con le fattorie didattiche.
In sostanza la campagna di Roma potrebbe svolgere vere e proprie funzioni
urbane, le quali se integrate con altre funzioni del territorio metropolitano
potrebbero farci perseguire almeno tre obiettivi: 1) mantenere vivo il tessuto
produttivo; 2) tutelare l’ambiente; 3) affrontare con ulteriori e più efficaci
modalità i gravi problemi sociali che investono Roma.
Ma la campagna di Roma è un giacimento di capitale sociale ancora poco compreso
dalla cultura urbanistica, scarsamente messo a fuoco da quella agricola e quasi
del tutto ignorato dal mondo del sociale.
I dati statistici non ci dicono nulla. Per comprendere cosa sia diventata la
campagna di Roma dovremmo ritornare all’inchiesta militante e dare voce a
persone non idealizzate ma a quelle in carne ed ossa per leggere la realtà così
com’è percepita da chi vive in un determinato luogo, senza generalizzazioni
prive di senso. Occorrerebbe, dunque, un programma di ricerca sul campo volto a
svelare – attraverso l’arte, la natura e la storia ma anche mediante il
racconto delle condizioni di vita, dei disagi e delle aspirazioni delle persone
– la trama di paesaggi in trasformazione.
Forse in tal modo – e non solo compulsando generici dati numerici - si potrebbe
racchiudere, in un progetto scientifico e narrativo che raccogliesse storie di
vita, il senso di culture agricole e rurali che si integrano con culture
urbane, partendo dal vissuto delle persone con l’occhio rivolto al futuro.
3. Per delineare le possibili azioni di sviluppo della campagna di Roma
dovremmo riscoprire il senso del luogo, che la globalizzazione ci ha fatto
smarrire, e ri-prenderci la nostra funzione di costruire lo spazio del nostro
abitare.
Si tratta di “progettare la campagna” facendo i conti con le nuove paure, le
insicurezze e i disagi della modernità e perseguendo un benessere non meramente
consumistico ma inteso come ricerca di un senso da dare alle nostre vite e alle
nostre capacità e come esito di più conoscenza, più mobilità, più cura dei
giovani, più inclusività.
La lingua tedesca chiama con la medesima voce l’arte di edificare e l’arte di
coltivare. “Agricoltura” e “costruzione” hanno lo stesso termine: Ackerbau;
“contadino” ed “edificatore” hanno un comune modo di dire, Bauer, e l’antica
radice Buan significava “abitare”.
Per governare un territorio, non più urbano né rurale, e abitarlo in modo
consapevole, dovremmo “ri-tornare” ad unificare tutti questi significati e
riconoscerci come costruttori e manutentori dei paesaggi che abitiamo.
Dovremmo progettare la campagna come processo di autoapprendimento collettivo e
di edificazione di un nuovo Welfare, attivando il sistema della conoscenza, a
partire dalle istituzioni di ricerca e di alta formazione, integrando i saperi
scientifici coi saperi locali da “ri-scoprire”.
Si tratta di “ri-vitalizzare” i valori di reciprocità e mutuo aiuto che sono
propri della cultura agricola, come un’occasione irripetibile per introdurre,
nel salto tecnologico che viviamo dopo la rivoluzione agricola e quella industriale
e che produce esclusione sociale e spesso violenza, un “correttivo di civiltà”
per usare un’espressione che prendo a prestito da Michele Padula. Per ottenere
questo risultato, all’agricoltura della campagna di Roma dovrebbe essere
assegnata una funzione di collante tra i quattro elementi imprescindibili e
propri di ogni territorio e di ogni comunità: natura, storia, cultura e legami
sociali.
4. Su impulso dell’Assessore Daniela Valentini la Regione Lazio ha dedicato
molta attenzione all’agricoltura di Roma. Il PSR 2007-2013 riserva a questo
tema un intero paragrafo e trasferisce nelle misure e nelle azioni una serie di
obiettivi specifici.
Nonostante quest’impegno, i servizi della Commissione europea purtroppo non
permettono di utilizzare la misura "diversificazione delle attività
aziendali" nei Poli Urbani e dunque nell’agricoltura di Roma.
Ma questo limite non costituisce un problema perché la diversificazione delle
attività è solo un aspetto – e nemmeno quello più importante – della multifunzionalità
dell’agricoltura.
Nelle fattorie sociali italiane l’aspetto prevalente del processo di
differenziazione del potenziale produttivo aziendale è il coinvolgimento
nell’attività lavorativa di persone con svantaggi o disagi.
Un siffatto modello ha molte analogie con quello dell’agricoltura biologica e
dei prodotti tipici e di qualità, ma ha una sua peculiarità, che vede
l’agricoltura produrre non solo beni alimentari, ma anche valori, cultura,
capitale sociale e risorse naturali.
Tale tipologia richiede sostegni specifici ad investimenti più immateriali che
materiali nell’ambito delle azioni volte a migliorare la competitività delle
imprese, che sono previste nell’Asse I del PSR.
Non a caso nella nostra Regione si è registrata una partecipazione qualificata
di fattorie sociali alla progettazione integrata della filiera del biologico.
In realtà, nelle pratiche di agricoltura sociale non c’è solo un processo di
diversificazione delle attività, ma vengono messe in atto strategie
imprenditoriali e territoriali che si fondano sull’innovazione tecnologica e
organizzativa del processo produttivo, sul potenziamento del capitale umano e
sulla differenziazione dei mercati dei prodotti indotta da una domanda che va
comprendendo sempre più un orientamento dei consumatori verso prodotti ad alto
contenuto etico.
Inoltre, nella maggior parte dei casi il servizio sociale e l’esercizio
dell’attività agricola primaria sono così intimamente legati l’uno con l’altra
che quasi non si distinguono più. E questo avviene perché il servizio sociale
esplica la sua efficacia solo se la persona a cui è diretto viene pienamente
coinvolta nel processo produttivo agricolo.
Questo intreccio si manifesta essenzialmente con due modalità: innanzitutto con
l’inserimento lavorativo di persone con svantaggi o disagi in aziende agricole
nella forma dell’assunzione oppure mediante percorsi di autoimprenditorialità;
e poi con l’erogazione di servizi terapeutici e riabilitativi a beneficio di
utenti.
Nel primo caso, il nesso tra beneficio sociale e utilizzo di risorse agricole
si realizza nell’attività principale di coltivazione e di allevamento; nel
secondo caso, il legame si produce nell’ambito di una diversificazione delle
attività configurandosi in un vero e proprio servizio rivolto ad utenti.
Ma c’è un aspetto rilevante che occorre sottolineare: nell’adattare i processi
produttivi alle prerogative delle persone coinvolte, le nostre strutture spesso
vanno a recuperare modalità di produzione che sono state scartate dalla logica
produttivistica e che oggi rivelano tutte le loro potenzialità, non solo perché
promuovono le capacità individuali che altrimenti resterebbero inespresse, ma
anche perché ci permettono di affrontare le “nuove sfide” ambientali.
Si tratta, dunque, di adattamenti volti ad accrescere la competitività delle
aziende e dei territori, la loro capacità di creare occupazione, coesione
sociale e sostenibilità ambientale.
In ogni caso il Tavolo Regionale dell’Agricoltura Sociale ha esaminato
recentemente la proposta di un bando dell’ARSIAL per sostenere iniziative
riservando ai Poli Urbani una quota del 70 % del finanziamento complessivo,
messo a disposizione interamente con risorse regionali.
La Regione Lazio ha svolto in questi anni un’intensa attività di promozione
dell’agricoltura sociale: iniziative di informazione e approfondimento con il
coinvolgimento del Consiglio regionale; una prima formazione da parte
dell’ARSIAL ad oltre duecento agricoltori, operatori sociali e tecnici della
pubblica amministrazione per metterli in grado di progettare iniziative di
agricoltura sociale; iniziative di promozione dei prodotti agrisociali
garantendo la loro presenza in diverse manifestazioni fieristiche accanto agli
altri prodotti regionali di qualità.
Nel quadro di questa incessante iniziativa della Regione, va sottolineato
l’impegno della Provincia di Roma a partire dalla costituzione nel 2006 del
Forum provinciale delle Fattorie Sociali.
Altre iniziative sono state finanziate dal Fondo Sociale Europeo, come il
Progetto “ReMI” e “Innovagris” sulla responsabilità sociale d’impresa che ha
come partner anche l’INEA.
Con queste attività la Regione Lazio si è distinta come quella più attiva sui
temi dell’agricoltura sociale; un primato che ci viene riconosciuto da
istituzioni nazionali ed europee.
E’ in virtù di tale riconoscimento che dal convegno svolto a maggio a
“Terrafutura” è venuta la richiesta alla Regione Lazio di promuovere a Roma,
insieme ad altre istituzioni e ai protagonisti, la Comunità di Pratiche
dell’agricoltura sociale italiana, un modo informale ma efficace di incontrarsi
– così come avviene in altri paesi europei – per scambiare periodicamente le
diverse esperienze e individuare insieme le problematiche da approfondire. 5.
Dalla fase pionieristica ora dovremmo passare a quella della maturità mettendo
a sistema le diverse iniziative per sostenere e accompagnare la progettazione
in agricoltura sociale.
L’esperienza degli ultimi mesi sulla progettazione integrata territoriale
prevista dal PSR ha dimostrato che l’agricoltura sociale può trovare maggiore
spazio nell’accesso ai finanziamenti pubblici quando la progettazione avviene
nel quadro di un’efficace attività di animazione territoriale.
Sono diversi i PIT preliminari che vedono nei partenariati aziende agricole,
cooperazione sociale, ASL, Università Agrarie, enti parco, istituti di ricerca
sociale, reti territoriali di servizi. E’ in tale contesto che l’agricoltura
sociale può sviluppare tutte le proprie potenzialità. Ed è per questo motivo
che in vista della predisposizione dei PIT definitivi dovremmo tutti impegnarci
per garantire il finanziamento a tutte le iniziative di agricoltura sociale.
Anche se questo strumento non si è potuto utilizzare nei Poli Urbani, per
l’agricoltura di Roma nulla impedisce di costruire analoghi partenariati
pubblico-privati che permettano una progettualità fondata su sinergie tra i
diversi programmi europei, nazionali e regionali.
Infine, occorrerebbe collegare l’attività di animazione alle opportunità che si
potrebbero aprire con l’utilizzo sociale dei terreni di proprietà dello Stato,
delle Regioni e degli enti pubblici.
L’Agenzia del Demanio dovrebbe rendere noto in questi giorni l’inventario dei
terreni ad uso agricolo disponibili.
La Regione Lazio ha approvato nel maggio scorso il Regolamento sui beni
immobili di proprietà dell’Arsial, che dispone, per una parte cospicua di tali
beni, anche un vincolo di inalienabilità. Si tratta delle aree agricole di
particolare ampiezza aventi significativo rilievo ambientale e paesaggistico
che – con questo provvedimento - vanno a costituire un patrimonio fondamentale
della Regione da tutelare e valorizzare ma non da vendere. Tale previsione è
stata recentemente estesa a tutti i terreni agricoli di proprietà della Regione
situati all’interno delle Aree Protette.
Un ulteriore importante provvedimento regionale approvato in questi giorni è la
legge istituiva di un’agenzia regionale per la gestione ad uso sociale dei beni
sottratti alle mafie.
Sono tutte misure importanti che andrebbero coordinate per fare in modo che
l’agricoltura di Roma possa considerarsi a pieno titolo una componente
fondamentale di quell’economia civile che contribuisce e potrebbe ancor più
contribuire direttamente e in modo decisivo a ridurre le ingiustizie,
sviluppare le capacità delle persone e proteggere la natura.