Un non vedente coltivatore
diretto anche per lo Stato
La
vicenda di Davide Cervellin merita di essere raccontata perché mostra il
ritardo della pubblica amministrazione nel comprendere i nuovi termini del
rapporto tra agricoltura e disabilità. Da molti anni, infatti, persone
prive della vista o dell'udito o portatori di handicap motorio svolgono
funzioni da protagonista nelle aziende agricole e conducono direttamente le
attività. Lo fanno utilizzando gli ausili tecnici e gli strumenti informatici
compensativi che hanno ridotto notevolmente le condizioni di disabilità e
offerto alle persone coinvolte opportunità piene di partecipazione e
inclusione sociale. Pertanto, anche nelle famiglie degli agricoltori la
disabilità non è più considerata, come avveniva fino ad alcuni decenni
fa, una disgrazia, perché nel frattempo si è scoperto che soprattutto nel
settore primario si può trasformare un limite in un'opportunità.
Purtroppo,
non era così per l'Inps, che continuava a negare la qualifica di coltivatore
diretto alle persone disabili, facendo valere non già la realtà dei fatti ma
antichi e perduranti pregiudizi.
Non a
caso la sede di Padova dell'Istituto di previdenza aveva nei mesi scorsi
respinto la domanda di Davide Cervellin, un non vedente che aveva
accumulato esperienze imprenditoriali in altri settori fino a diventare
presidente di Tiflosystem, azienda leader nel settore dell’hi-tech e, nel
frattempo aveva avviato un'impresa agricola. Egli produce vino ed olio di
gran pregio in un'azienda denominata significativamente "Toccare il
cielo", a suggello della conquista di un nuovo traguardo personale. E
tuttavia per lo Stato la nuova attività non era riconosciuta.
Ma
Davide Cervellin, com'è nel suo carattere combattivo, non si è dato per
vinto e, insieme alla Confederazione italiana agricoltori, ha presentato
ricorso alla sede centrale dell'Inps ottenendo finalmente l'agognata qualifica
che ora lo rende agricoltore a tutti gli effetti. E' un risultato
importante perché anche la pubblica amministrazione si è allineata a quanto già
avviene nella realtà. Ha dovuto riconoscere che, come accade nei settori
dell’industria e dei servizi, i disabili sono in grado di farsi strada anche in
agricoltura. Ed ora, anche a livello giuridico, è considerato normale che un
disabile possa realizzare il proprio progetto di vita cogliendo le enormi
opportunità offerte dall'agricoltura.
Tale
risultato si inserisce nell'azione più generale della Cia volta a favorire la
crescita imprenditoriale delle persone con varie forme di disagio impegnate in
agricoltura ed a promuovere nuovi servizi sociali, integrando la cura delle
risorse ambientali, l'uso di attrezzature aziendali e la valorizzazione di
tradizioni e mestieri rurali.
Con
queste finalità, infatti, la Cia ha recentemente promosso la Rete
delle Fattorie Sociali per giungere quanto prima ad una vera e propria
associazione. Si vuole valorizzare così una componente fondamentale della
ruralità, la sua sostenibilità sociale, che, se permane, qualifica senza
banalizzazioni l'immagine del territorio rurale, ancorandola a valori
preesistenti come la solidarietà e il mutuo aiuto, e rende tali aree
anche economicamente competitive.
La
posta in gioco è alta. Si tratta di non tenere più separati gli interventi a
sostegno delle attività economiche e le azioni volte a rafforzare la rete di
protezione sociale per le popolazioni che vivono sia in città che in campagna.
E di realizzare la partecipazione e l’inclusione di persone disagiate
nell’ambito delle politiche di sviluppo locale, riformando così il welfare, da
redistributivo e centralistico com’è ora a produttivo e cooperativo come
dovrebbe essere.
Persone
straordinarie come Davide Cervellin ce ne sono tante nelle campagne italiane e
tutto lascia presagire che la prova sarà vinta.