Il sistema di gestione delle erogazioni in
agricoltura
Quando avanzai, a nome del
Consiglio di Rappresentanza, la proposta al Presidente Buonfiglio – che
ringrazio di averla fatta propria - di un Forum sul sistema di gestione della
PAC, si era appena varata la riforma di medio termine.
Dinanzi alle sfide del futuro - l’allargamento imminente dell’Unione
Europea che in questi giorni si è realizzato, i negoziati commerciali che
diventano sedi di confronto non solo di forze economiche ma anche di modelli
produttivi – appariva già chiaro che l’esigenza di riposizionare l’agricoltura
avrebbe imposto la necessità non solo di ridefinire le funzioni di
rappresentanza ma anche di adattare gli strumenti di governo e di gestione
delle politiche pubbliche.
La riforma della PAC è un’ulteriore tappa di un percorso volto a
sprigionare dal modello di agricoltura europeo potenzialità relative a funzioni
diversificate, come la sicurezza e la qualità alimentare, la salvaguardia degli
ecosistemi e la valorizzazione delle aree rurali.
La riforma restituisce in parte agli agricoltori la libertà di operare le
proprie scelte in base all’orientamento del mercato e non più, come avviene
adesso, in base al semplice calcolo a breve termine nell’ottica di percepire
sovvenzioni e disinteressarsi poi dell’impatto economico ed ecologico della
loro produzione.
Inoltre, i pagamenti diretti hanno come condizione il rispetto di norme e
l’applicazione di buone pratiche
agronomiche e ambientali. E per aiutare le imprese ad essere in regola
ed evitare le penalizzazioni, è prevista una misura di sostegno alla consulenza
aziendale. Essa non è intesa semplicemente come sistema di audit, ma è
finalizzata anche a migliorare la competitività delle imprese, definire le sue
strategie della qualità e rendere evidente e misurabile l’impegno aziendale
rispetto alla condizionalità. Si tratta di una misura formidabile per orientare
le imprese a muoversi da sole nel mercato.
Si potenzia, infine, il secondo pilastro, quello relativo allo sviluppo
rurale, caratterizzandolo con misure rivolte soprattutto all’incentivazione
delle strategie della qualità legate al territorio.
Come si può notare, al centro della PAC non c’è più l’agricoltore in quanto
tale, ma le conseguenze delle sue attività, il suo progetto. Dunque, ci sono i
sistemi produttivi territoriali, i servizi multifunzionali, le aspettative dei
consumatori e dei cittadini.
Questi cambiamenti pongono in una luce nuova i problemi di adeguamento
della pubblica amministrazione. Gli adattamenti necessari appaiono sempre più
come elementi da rendere funzionali alla competitività dei sistemi territoriali
e del sistema-Paese nel nuovo scenario globale. E ciò induce ad approfondire le
problematiche del processo federalista in atto nel nostro Paese.
Dovremmo considerare il decentramento non più come un valore in sé.
Altrimenti esso scadrebbe nel localismo, che non ci serve più.
Il decentramento, nelle odierne condizioni, ha effetti positivi sulle
imprese se riesce a combinare sussidiarietà
orizzontale e differenziazione per adattare in modo flessibile le soluzioni
organizzative ai diversi sistemi territoriali.
E’ per questo che bisogna superare la logica della separatezza, che ha
caratterizzato la prima stagione del
regionalismo. Ed affermare, invece, il modello della cooperazione,
dell’interdipendenza e dell’azione coordinata tra i diversi livelli
istituzionali.
Il valore di tale modello non è più
l’autonomia dei singoli stadi di governo, bensì l’efficacia delle politiche
pubbliche, la propensione ad acquisire il risultato di un’azione
amministrativa.
I dilemmi dello sviluppo contemporaneo delle aree rurali (dalla
risk
society alla globalizzazione, dalla crisi del welfare state al
mancato decollo della welfare society) richiedono effetti d’integrazione
tra politiche diverse, da produrre in parte per via attiva e in parte per
impatti indiretti. Se si vuole accelerare la transizione verso politiche attive
ed integrate vanno riorganizzati gli assetti amministrativi e gestionali.
E’ sorprendente constatare che nei programmi dei centri di ricerca e delle
Università siano del tutto assenti tali temi. E ciò ci costringe a procedere a
vista, senza gli indispensabili approfondimenti e facendo i conti solo con le
resistenze e le inerzie.
Anche la sussidiarietà orizzontale impone un cambiamento di mentalità sia
da parte della pubblica amministrazione, sia da parte delle organizzazioni
sociali.
La pubblica amministrazione è abituata a muoversi come un soggetto che
pianifica e gestisce programmi, senza tenere in debito conto il dialogo con le
parti sociali. Mentre sarebbe necessario che essa si trasformi in un soggetto
che sappia mediare e negoziare, salvaguardando le finalità di pubblico
interesse e facendosi garante del buon
funzionamento del mercato.
La sussidiarietà orizzontale non può essere vissuta dalla pubblica
amministrazione come una pericolosa riduzione di autorevolezza a cui sopperire
instaurando rapporti autoritari nei confronti dei soggetti sociali.
Una crescita culturale si impone anche per le organizzazioni sociali.
Finora, nelle nostre attività di servizio, siamo abituati a rapportarci
prevalentemente con il decisore pubblico. E mostriamo qualche difficoltà a muoverci in una logica di mercato. Acquisire,
invece, questa attitudine è vitale, anche per avere un rapporto con la pubblica
amministrazione che faccia valere la reciprocità delle convenienze.
E’ essenziale che ognuno possa fare la sua parte, cosciente delle proprie
finalità e fedele ai propri principi ispiratori.
E’ in tale valore la garanzia di una interazione funzionale tra soggetti
distinti, perché ciò permette di conseguire un risultato concordato,
conservando ciascuno una sinergica specificità d’intenti e d’indirizzo.
Se guardiamo, pertanto, alle novità della riforma della PAC ed ai caratteri
che dovrà avere il nuovo modello di gestione per fronteggiare tali innovazioni,
bisognerà convenire che diventa obbligatorio per tutti imparare a muoverci in
una logica di sistema. E che la parola d’ordine per farlo è la seguente: “Concertarsi
nel rispetto delle prerogative di ciascun attore”.
Vediamo ora come, secondo noi, questo principio dovrebbe calarsi nei due
punti nevralgici del sistema AGEA, così come configurato dalla legge istitutiva
dell’Agenzia: a) nei rapporti tra AGEA Coordinamento e gli Organismi pagatori;
b) nelle relazioni che intercorrono tra gli Organismi pagatori e i Centri
autorizzati di assistenza agricola (CAA).
Per quanto riguarda il primo binomio, è necessaria una premessa.
La facoltà di avere una pluralità
di Organismi pagatori è senza dubbio una opportunità per le Regioni. E’ tale,
tuttavia, se è intesa nella logica non già di rinchiudersi in uno splendido
isolamento, ma di contribuire ad edificare un sistema unitario di gestione. In
sostanza, è utile diversificare i processi gestionali, ma a condizione di
perseguire obiettivi di funzionalità ed efficienza.
Dovremmo perciò incentivare la costituzione di Organismi pagatori nelle
Regioni che presentano un quadro economico, politico e sociale in grado di
creare un circolo virtuoso tra esperienze professionali, relazioni consolidate
e capacità funzionali. Laddove, invece, tali condizioni non ci sono non è una
sconfitta o una menomazione creare un diverso equilibrio di funzionalità
amministrativa, in cui potranno più efficacemente interagire l’Amministrazione
centrale e la Regione.
Indispensabile diventa quindi il potenziamento della struttura di
coordinamento degli Organismi pagatori.
L’efficacia di tale funzione è data da due elementi chiave: 1) dal
riconoscimento della pari dignità tra tutti gli Organismi pagatori; 2)
dall’attribuzione effettiva alla
struttura di coordinamento di tre compiti fondamentali.
Le tre funzioni si possono così definire: a) garantire un’interfaccia unica
nei rapporti con la Commissione europea; b) implementare il sistema di gestione
in modo omogeneo, soprattutto per quanto attiene le convenzioni coi CAA e
l’informatizzazione; c) supportare lo sviluppo di un’autonoma capacità
organizzativa di quelle Regioni che al momento non sono in grado di dotarsi di
un Organismo pagatore.
Per quanto riguarda, invece, i rapporti tra gli Organismi pagatori e i CAA,
va in primo luogo puntualizzato un aspetto saliente.
I CAA sono promossi dalle
organizzazioni. Ma accanto a questo forte nesso con il mondo della
rappresentanza degli interessi agricoli, essi manifestano anche una marcata
connotazione di terzietà.
Sono ambedue questi caratteri che, contestualmente, lì legittimano a
svolgere funzioni delegate dall’amministrazione pubblica.
I CAA, pertanto, sono titolari di una funzione pubblica. E’ per questo
motivo che tali organismi godono di pari dignità rispetto ai soggetti da cui
ricevono la delega ad operare.
La pari dignità va riconosciuta e garantita tra i diversi CAA, bandendo ogni comportamento
discriminatorio. Ma va riconosciuta e garantita anche tra i CAA e gli Organismi
pagatori.
La pari dignità pone i singoli CAA
nella condizione sia di interloquire senza discriminazioni con la pubblica
amministrazione, sia di avere la disponibilità di tutti gli strumenti pubblici
necessari per esercitare la propria funzione.
Tali organismi, per esempio, dovrebbero essere collegati quanto prima con
il sistema delle Camere di Commercio e con l’Agenzia delle Entrate, che
gestisce il Catasto, al fine di velocizzare la consultazione e il reperimento
dei documenti necessari agli agricoltori.
Finora il processo di delega convenzionata che ha interessato i CAA ha dato
risultati positivi.
Ha permesso, infatti, di accorciare i tempi di erogazione degli aiuti.
Riteniamo che nessun osservatore di cose agricole, che non sia mosso da
pregiudizi, possa affermare il contrario.
Bisogna, però, ricordare che abbiamo ereditato dal passato un accumulo di
contenziosi. Essi sono stati alimentati per lo più da rapporti non ispirati al principio di sussidiarietà.
L’istituzione della Camera Arbitrale ha consentito di impostare il problema
in modo efficace. Occorre potenziare
tale strumento con risorse umane e organizzative adeguate e definire con la
Commissione europea elementi di certezza per il pagamento del pregresso, se
vogliamo dare un taglio netto con il passato e mettere a regime una gestione
sostenibile del contenzioso amministrativo.
Nonostante tali limiti l’erogazione
degli aiuti è sensibilmente migliorata.
Tuttavia, occorrerebbe definire meglio gli ambiti di intervento dei CAA e
riconoscere in maniera più pertinente l’assunzione di oneri e funzioni da parte
di tali strumenti.
Il recente decreto legislativo d’attuazione dalla legge di orientamento
agricolo dispone che il fascicolo aziendale dovrà diventare lo strumento di
identificazione dell’impresa agricola nella logica della gestione dell’anagrafe
aziendale e della carta dell’agricoltore.
Prevede, altresì, che ai CAA sono affidate tre nuove funzioni: 1)
l’aggiornamento del fascicolo aziendale elettronico; 2) la comunicazione alle
Camere di Commercio delle modifiche apportate ai fascicoli aziendali, per
l’aggiornamento del Repertorio delle notizie economiche e amministrative (Rea);
3) la certificazione della data di inoltro dell’istanza all’amministrazione
competente che dà luogo ad una sorta di corsia preferenziale per la definizione
dei procedimenti amministrativi istruiti dai CAA.
Tali nuove funzioni potranno essere svolte con efficacia dai CAA se saranno
riconosciute da tutti i soggetti istituzionali interessati.
Riteniamo che la loro natura di terzietà possa senz’altro garantire tutte
le branche della pubblica amministrazione coinvolte nella gestione
dell’anagrafe.
E’ proprio la complessità del sistema dell’anagrafe aziendale a dare gran
peso al tema dell’informatizzazione.
Tale servizio, se vuole tradursi in semplificazione, non può essere imposto
dall’alto, ma dovrà inserirsi in una funzionalità di sistema. Non sono
coinvolti soltanto i CAA ma anche le Regioni e gli Organismi pagatori chiamati
a condividere l’implementazione del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN).
Il servizio informativo è utile se si colloca ad un livello di
applicabilità tecnica efficace e condiviso. Esso va pensato partendo dalle
condizioni concrete degli attori del procedimento e dal quadro reale delle
problematiche sul tappeto.
Quando l’informatizzazione non è condivisa c’è il rischio di generare una burocrazia
informatica che è anche peggiore di quella tradizionale e che, inevitabilmente,
porta all’ingestibilità del sistema.
Una strategia di sistema si ha,
pertanto, quando lo strumento informativo interagisce con il ruolo dei singoli
attori del procedimento, mediante un linguaggio amministrativo comune e un
modello procedurale omogeneo e
condiviso.
Per concludere, non posso non riprendere il tema iniziale della recente
riforma della PAC.
Se vogliamo partire con la nuove regole occorre attrezzare quanto prima il
nuovo modello di gestione e riorganizzare il sistema dei controlli, anche per
evitare le penalizzazioni che stiamo subendo in ambito comunitario.
Siamo in condizioni di farlo rapidamente?
Certo! Gli Organismi pagatori dovrebbero continuare ad approfondire le problematiche della riforma,
nell’ambito di un coordinamento forte ed aperto, senza riserve pregiudiziali
centralistiche o localistiche e ricercando la collaborazione dei CAA. Siamo convinti che, potenziando la concertazione,
si può senz’altro partire anche il 1° gennaio 2005. Una decisione diversa dovrà
essere motivata in altro modo. Possiamo tranquillamente affermare che al
momento tutti gli attori del sistema danno sufficienti garanzie per attuare in
tempo utile la ricognizione preventiva delle posizioni aziendali, ai fini
dell’assegnazione dei diritti. La procedura è già stata concordata. Ma si
attendono ancora le scelte politiche del Governo, da adottare – è il nostro
auspicio! - con la più ampia condivisione del mondo agricolo.