Agricoltura e welfare locale

Desidero segnalare brevemente alla vostra attenzione il notevole contributo che i territori rurali e l’agricoltura possono offrire per la costruzione di un nuovo welfare locale, elevando la qualità-quantità dei servizi fruibili.

Le nuove politiche europee per lo sviluppo rurale sono attuate, al momento, mediante percorsi costruiti esclusivamente su logiche di mercato. Penso alle filiere dei prodotti tipici e di qualità, nonché all’agriturismo ed al turismo rurale.

Adottare, però, unicamente tali logiche, potrebbe minare alla base il capitale sociale e culturale delle aree rurali. Esso, infatti, è fondato sui rapporti personali, sulla gestione di tempi di vita meno ritmati, su reti di relazioni organizzate su basi di reciprocità e mutuo aiuto tra famiglie e gruppi, nonché su di una diffusa attitudine cooperativa.

In altre parole, oggi, una parte grande del potere di attrazione che le aree rurali esercitano nei confronti dei centri urbani e metropolitani deriva proprio dalla presenza di beni relazionali. Deriva dalla possibilità di soddisfare una domanda di personalizzazione che la metropoli è incapace di esaudire perché organizzata su criteri di standardizzazione. Qui risiede principalmente la rinnovata attenzione riservata ai valori della ruralità.

Prima di essere permeata dagli intensi processi di modernizzazione fordista di questi decenni, l’agricoltura costituiva un’attività produttiva ad elevata responsabilità sociale. Una responsabilità certificata dalla comunità stessa, anche attraverso meccanismi di sanzione morale e di controllo. La modernizzazione ha ridotto la riconoscibilità e l’apprezzamento sociale per quelle funzioni non direttamente commerciabili. Da qui è nato il concetto di multifunzionalità dell’agricoltura, attraverso il quale, di nuovo, la società e, per la prima volta, le politiche pubbliche rivolgono attenzione ai beni e servizi di tipo ambientale, culturale e sociale forniti dalle aziende agricole.

In Italia, come in altri paesi europei, sono già presenti esperienze di imprese agricole che hanno organizzato in azienda servizi educativi nei confronti di utenti in età formativa, di riabilitazione nei confronti di persone con disabilità fisica o mentale, di centri di benessere, dove si applica ad esempio l’ippoterapia, di cura per gli anziani, o altro tipo di servizi alle famiglie.

Lo svolgimento di tali attività chiaramente non avviene con le modalità informali del passato, ma attraverso i moderni strumenti dell’associazionismo e del volontariato ed ora, a seguito della legge di orientamento agricolo, mediante contratti e convenzioni tra imprese agricole e pubblica amministrazione.

L’espansione di tali funzioni è essenziale per mantenere quei caratteri di autenticità delle aree rurali e di alta responsabilità sociale delle attività produttive agricole. In mancanza dei quali, l’affidamento delle potenzialità di sviluppo ai soli beni posizionali (tipicità dei prodotti e agriturismo) produrrebbe una banalizzazione della specificità rurale di questi territori e, dunque, una perdita della loro capacità di attrazione.

E’ proprio l’ opportunità di appagare una reciproca convenienza, da una parte, delle istituzioni locali, che desiderano accrescere e qualificare i servizi sociali, e, dall’altra, degli agricoltori, che hanno interesse a conservare, in forme moderne, l’autenticità della loro offerta di beni e servizi, che rende le aree rurali le più adatte a sperimentare l’inclusione sociale non più nelle logiche di riparazione delle disfunzioni connesse al modello di sviluppo ma piuttosto come programmi generativi, propulsivi, volti, cioè, ad innalzare la capacità di attrazione dei territori rurali,  promuovere la crescita economica, favorire la competitività territoriale.

E’, dunque, nelle aree rurali e, qui a Roma, laddove le periferie si vanno ad incuneare nei parchi agricoli, che si possono realizzare progetti, mediante idonei modelli di governance, per integrare processi di sviluppo e percorsi di inclusione sociale.