Valorizzare l’agricoltura nella politica di sviluppo e coesione

1.  Stabilità politica per rilanciare il Patto sociale

Ci attendiamo il ripristino di un clima di stabilità politica e la costituzione di un Governo in grado di affrontare i problemi del Paese. Si potrà così rilanciare il Patto con tutte le forze sociali per sostenere la crescita orientata al benessere sociale. Si tratta di puntare sulla qualità in tutti i campi, cioè sull’innovazione tecnologica, sulla promozione delle risorse umane e sulla valorizzazione dell’agricoltura, settore essenziale per garantire uno sviluppo durevole e un’alimentazione sana e diversificata.

Il Mezzogiorno rimane la grande priorità di un progetto di sviluppo imperniato sulla coesione sociale e sul federalismo solidale. Si potranno così rafforzare l’imprenditorialità, il capitale sociale e le competenze locali. E si qualificherà il ruolo dell’Italia tra Mediterraneo ed Europa da frontiera a cerniera.

Le linee di fondo di una politica per la crescita e la competitività si possono così sintetizzare:

1) rilanciare gli investimenti rivolti alla ricerca, all’innovazione,  alla formazione, all’incremento del valore aggiunto del sistema produttivo, nonché a rafforzare le reti infrastrutturali;

2) alleggerire la pressione contributiva e fiscale e accrescere la flessibilità del lavoro nell’ambito di un adeguamento normativo che assicuri la riqualificazione del sistema imprenditoriale;

3) attuare il decentramento, la semplificazione e la sussidiarietà tra i diversi livelli istituzionali e nei rapporti con le formazioni sociali per stimolare lo sviluppo, promuovere il protagonismo delle collettività locali e utilizzare pienamente le risorse comunitarie.

I Fondi strutturali messi a disposizione dall’Unione europea costituiscono un’occasione – forse irripetibile – per orientare ingenti risorse a sostegno degli investimenti. Nei prossimi sette anni, affluiranno al nostro Paese 55 mila miliardi di lire. Nel solo Mezzogiorno, tra risorse pubbliche e private saranno disponibili 100 mila miliardi.

Con l’approvazione, da parte della Commissione, del Programma di sviluppo del Mezzogiorno, la predisposizione dei documenti progettuali da parte delle Regioni e delle amministrazioni centrali e l’avvio delle intese istituzionali Stato - Regioni siamo entrati nella fase decisiva del confronto con l’Unione europea. E’ auspicabile che l’Amministrazione centrale resti interlocutrice unica delle autorità comunitarie. Va compiuto ogni sforzo per concordare con la Commissione le aree d’intervento nelle Regioni dell’Obiettivo 2, ricercando le soluzioni più equilibrate ed efficaci. Occorre definire la mappa degli aiuti di Stato. Bisogna far sì che entro marzo 2000, Bruxelles approvi i documenti. In tal modo si potrà  avviare, nei tempi prestabiliti, la fase attuativa degli interventi.

Anche la programmazione negoziata per l’agricoltura è ai nastri di partenza. Tante idee per lo sviluppo territoriale attendono di tramutarsi in progetti di fattibilità, numerosi giovani mostrano una propensione a rimanere in agricoltura come imprenditori. Occorre dare a tale strumento una configurazione stabile e definitiva.

Nel Mezzogiorno si vanno finalmente abbandonando atteggiamenti vittimistici e rivendicazionistici. Dappertutto si fa pressante la richiesta alle istituzioni di funzionare meglio, su basi più universalistiche, di efficienza e di rispondenza ad interessi collettivi.

L’agricoltura meridionale è cresciuta e contribuisce in maniera decisiva al primato produttivo italiano in Europa. E’ stato un impegno duro per gli agricoltori e le loro organizzazioni, perché hanno dovuto operare controcorrente, contro il mito di una modernità concepita come adozione di modelli e culture esterne. Finalmente il mito è caduto e non fa scandalo valorizzare i saperi e le produzioni locali, progettare lo sviluppo sulla stretta relazione tra il patrimonio culturale, le bellezze paesaggistiche e i giacimenti enogastronomici.

Vi sono tutte le premesse per farcela. Gli esponenti delle istituzioni, da una parte, e i rappresentanti delle forze sociali, dall’altra, agiscano con spirito di servizio, senso etico, responsabilità e fedeltà agli impegni presi.

Solo in questo modo la “concertazione” non diventa un fine e potrà essere rilanciata come un mezzo essenziale per favorire la crescita e la prosperità. Se, invece, si dovesse appannare la volontà politica di realizzare gli obiettivi concordati e prendessero il sopravvento atteggiamenti opportunistici, la “concertazione” sarebbe vissuta come un fine e diventerebbe inevitabilmente sterile.

2. I risultati del Tavolo agricolo

Il Tavolo agricolo ha costituito un mezzo efficace con cui il Governo dimissionario ha potuto finora affrontare con sufficiente determinazione appuntamenti vitali per il settore.

Il difficile negoziato su “Agenda 2000” si sarebbe concluso con risultati ancora più modesti per l’agricoltura italiana senza il cosiddetto “gioco di squadra” svolto nelle sedi europee.

Il dibattito sulla Riforma dell’organizzazione del governo si era avviato con la proposta di abolire il Ministero per le politiche agricole ed ha avuto come sbocco non solo il suo mantenimento ma anche un’accelerazione del suo rinnovamento.

L’Aima è stata posta in liquidazione. Si è istituita Agea. E’ stata estesa alle Regioni la possibilità di dotarsi di propri enti pagatori.  Si è posto mano al riordino di tutte le altre strutture che fanno capo al Mipaf.

All’agricoltura sono state aperte opportunità che mancavano sia nel Programma di sviluppo del Mezzogiorno, che nell’operatività dei “patti territoriali” e degli “accordi di programma”.

Si è avviata l’attuazione dei regimi di aiuto riguardanti l’energia rinnovabile e biomasse, nonché lo sviluppo delle imprese di trasformazione e commercializzazione.

Al vertice di Seattle si è rivelata efficace l’azione dei rappresentanti del nostro Governo - di concerto con le organizzazioni professionali agricole - nel porre all’attenzione  l’esigenza di difendere le produzioni mediterranee  e di assicurare la tutela delle denominazioni d’origine. E tale risultato, dopo il mancato accordo, dà   maggiore credibilità all’azione del nostro Paese rivolta alla ripresa del confronto.

Con la Finanziaria 2000 si è compiuto uno sforzo per invertire la tendenza alla riduzione delle risorse destinate al settore e si sono poste le basi di un nuovo approccio al tema della competitività delle imprese agricole.

Infatti, alle politiche di sviluppo basate sull’abbattimento dei costi - primo risultato della “concertazione” non ancora del tutto realizzato - si potranno affiancare le politiche di sostegno alla realizzazione di prodotti e servizi ad alto contenuto di innovazione in grado di accrescere nei soggetti agricoli organizzati le capacità di relazioni nel mercato. Si tratta delle risorse per gli investimenti agricoli, del cofinanziamento dei programmi comunitari e degli aiuti alla diffusione delle tecnologie telematiche.

Nel frattempo il Senato ha approvato definitivamente la legge poliennale di spesa che consente di attivare la programmazione degli interventi agricoli centrali e regionali.

L’Irap è stata congelata. I trasferimenti successori in linea diretta beneficeranno dell’esenzione dall’imposta per le operazioni fino a 350 milioni. Vengono mantenute le agevolazioni per la proprietà coltivatrice. È previsto lo slittamento dei termini per l’accatastamento dei fabbricati rurali. E’ stata data una chiara indicazione per allargare le zone svantaggiate a tutte le aree dell’Obiettivo 1.

Rimane il rammarico per la mancata soluzione del problema dell’Iva. Tuttavia, nel complesso si tratta di risultati apprezzabili che premiano la fermezza e la coerenza della nostra azione e dimostrano che la “concertazione” può funzionare quando è fondata su rapporti corretti tra le istituzioni e le forze sociali.

Ora occorre uno scatto di iniziativa di più alto profilo per affrontare una serie di questioni. In primo luogo, l’adeguamento normativo e istituzionale alle nuove condizioni di mercato in cui operano le imprese agricole e le filiere agricolo-alimentari. Esse riguardano le nuove opportunità offerte dall’ampliamento e la diversificazione dei bisogni della società, dal carattere multifunzionale dell’agricoltura e dal ruolo propulsivo che la pluriattività delle imprese agricole può esercitare nel territorio rurale.

Da un confronto effettuato dal nostro Osservatorio economico sul sostegno pubblico diretto agli investimenti nelle diverse attività produttive risulta che gli stanziamenti impegnati per l’agricoltura ammontano al 9,7 per cento, contro il 18 all’industria, il 13 ai trasporti, il 10 all’edilizia ed il resto agli altri settori.

Questi dati dimostrano che l’agricoltura non è quel settore assistito come si vuole lasciar intendere. Ma pongono in risalto anche l’arretratezza del quadro giuridico in cui sono mantenute le attività agricole. Per colpa di una legislazione arretrata, spesso sfuggono agli agricoltori opportunità colte, invece, a piene mani dagli altri settori economici.

Se non si rimuove questa condizione, l’agricoltura rischia di trarre scarso vantaggio dall’afflusso di risorse comunitarie e nazionali verso il sistema produttivo. Per poter attuare interventi integrati sul territorio e promuovere la diversificazione delle attività nelle zone rurali in modo efficace, bisogna prevederne bene gli effetti. Al momento le imprese agricole corrono il pericolo di rimanere emarginate dalle azioni strutturali, se restano ingessate negli attuali vincoli normativi.

Vi è un bisogno urgente di intervenire. Il Governo dimissionario aveva chiesto al Parlamento la delega per varare le norme di orientamento e modernizzazione dell’agricoltura e confermato la decisione di convocare, una volta ottenuta la delega, la Conferenza agraria nazionale per definire le scelte strategiche del settore.

Chiediamo alle Camere di stralciare ed approvare rapidamente i due articoli relativi alla delega in materia di agricoltura contenuti nel disegno di legge riguardante l’apertura e la regolazione dei mercati. I criteri individuati nella proposta del governo appaiono congrui ed esaustivi rispetto alle esigenze più volte sottolineate al Tavolo agricolo. Solo approvando ora la delega, sarà possibile disporre dei decreti legislativi in aprile, quando si avvierà l’attuazione del nuovo Quadro comunitario di sostegno.

3.  La Conferenza nazionale dell’agricoltura

 

Auspichiamo che il nuovo Governo confermi l’impegno di convocare la Conferenza agraria nazionale. Essa potrebbe essere la sede dove definire una nuova configurazione dei soggetti imprenditoriali e delle attività economiche, adatta ad una realtà agricola diventata sempre più diversificata.

Anche a queste nuove definizioni va rapportata la riforma della fiscalità in agricoltura, rendendo equo il prelievo in un’ottica di armonizzazione europea.

Per quanto concerne il lavoro, è possibile un allargamento dei livelli occupazionali in agricoltura, rafforzando le diverse funzioni del settore e ampliando la gamma delle sue attività. A questo fine vanno governate tra le parti le flessibilità, a partire da quanto già è stato riconosciuto, come l’apprendistato, il part-time e il lavoro interinale. Vanno affrontate in maniera più incisiva le problematiche relative ai contratti di riallineamento, a quelli a termine, alla regolazione del lavoro atipico e quello occasionale, alla diffusione dei servizi di sostituzione ed alla eliminazione delle misure retroattive per le “figure miste” che si iscrivono negli elenchi dei coltivatori.

Lo sviluppo del territorio rurale non può prescindere anche dal miglioramento della condizione sociale degli anziani, a partire dall’aumento dei minimi di pensione e dalla equiparazione degli assegni familiari.

La realizzazione di progetti per l’insediamento dei giovani ed il ricambio dell’imprenditoria in agricoltura andrebbe accompagnata con una gestione coordinata degli accordi collettivi per l’affitto e l’azione della nuova Ismea, in cui sono confluite le funzioni della Cassa per la formazione della proprietà coltivatrice. Il nuovo Ente potrebbe censire tutte le terre pubbliche e supportare la realizzazione di interventi di riordino fondiario.

Nell’ambito delle azioni per la valorizzazione delle risorse umane si colloca l’impegno per favorire l’affermarsi dell’imprenditorialità delle donne, che già occupano spazi sempre più larghi di responsabilità nelle aziende agricole.

I processi di ingegneria finanziaria indotti dalla normativa comunitaria sollecitano le imprese agricole ad accedere a più sofisticati prodotti e strumenti di ultima generazione, peraltro già diffusi in altri settori. Occorre varare una normativa specifica per far decollare i Consorzi fidi, creando sinergie tra il sistema delle garanzie pubbliche, attualmente basato sul Fondo interbancario, ed un capillare sistema consortile privato. Per dirottare nuovi capitali verso il settore agricolo va esteso ad esso il mercato dei “fondi chiusi” e dei “futures”. Infine, la creazione di una “borsa telematica” dei prodotti agricoli e alimentari, nell’ambito del sistema camerale, potrebbe contribuire allo sviluppo di un nuovo mercato finanziario a beneficio del settore.

Un altro tema della Conferenza dovrebbe essere la competitività del sistema agricolo-alimentare e dell’organizzazione economica dell’agricoltura, da affrontare nell’ambito della scelta strategica della qualità legata al territorio. Tale precisazione non vuole essere rituale. L’opzione strategica è essenziale per orientare l’evoluzione dei modelli organizzativi. Recita un proverbio arabo: “Se vuoi fare un solco dritto, devi puntare l’aratro verso una stella!”

La scelta della valorizzazione dell’identità territoriale dei prodotti agricoli e alimentari presuppone la disponibilità a considerare tutte le componenti della filiera partecipi della politica di qualità e meritevoli di cogliere il vantaggio economico, attraverso una gestione interprofessionale dei marchi pubblici e un intreccio tra regole pubbliche e impianto normativo volontario.

L’affermazione nel mercato dei prodotti alimentari che fanno leva sul fattore della territorialità, a partire dalle denominazioni d’origine protette, potrà trainare anche quelli che fanno riferimento solo al valore della marca industriale, se si realizza una politica complessiva della trasparenza, dell’informazione al consumatore e della sicurezza alimentare. Si tratta di diffondere sistemi di tracciabilità dalla terra alla tavola, coordinare i controlli, attivare organismi interprofessionali validi, tenere distinte le funzioni tra le associazioni di prodotto e i consorzi di tutela, individuare forme più strette di collaborazione tra produttori e consumatori e considerare le Unioni nazionali come riferimento del pluralismo delle forme organizzative adottate liberamente dagli agricoltori.

Se la qualità legata al territorio diventa l’opzione prioritaria del sistema agricolo-alimentare italiano è più agevole sintonizzare le misure agro-ambientali con le azioni di valorizzazione dei prodotti. Nella comunicazione al consumatore si potranno porre in rilievo  l’agricoltore e il servizio ambientale da lui svolto in un determinato territorio. E diventa più semplice adattare il concetto di ruralità alla nostra cultura mediterranea perché ci consente di stabilire un nesso - assente in “Agenda 2000” – tra alimentazione, salute, tutela ambientale e valorizzazione delle risorse culturali, paesaggistiche, architettoniche di un determinato territorio. L’agricoltura produttiva è il lievito dello sviluppo di un territorio rurale, inteso come spazio dove sono possibili forme di integrazione tra attività agricole ed altre attività artigianali, industriali e turistiche, coerenti con la storia alimentare del luogo.

Questa strategia competitiva deve orientare i programmi volti all’innovazione organizzativa, gestionale, commerciale, di marketing e degli strumenti di internazionalizzazione. La costruzione di reti telematiche e di sistemi di qualità a supporto di tale strategia può costituire una grande opportunità per creare nuovi posti di lavoro e per recuperare i ritardi competitivi. Nel sistema agricolo alimentare, la tecnologia dell’informazione e i servizi in linea possono trovare applicazione innanzitutto nel rapporto con la pubblica amministrazione, nella diffusione delle conoscenze e delle innovazioni, nel commercio elettronico.

La Conferenza, infine, non potrà non affrontare la definizione delle misure per attuare le nuove organizzazioni comuni di mercato. Si tratta di stabilire l’equa ripartizione delle 600 mila tonnellate di quote latte in più assegnateci dall’Unione europea e della dotazione finanziaria messa a disposizione del nostro paese per la valorizzazione delle carni bovine. Da tali decisioni dipenderà il livello di sostenibilità economica e sociale delle trasformazioni indotte nella zootecnia italiana dai processi di globalizzazione.

L’altro tema su cui bisogna decidere riguarda la modulazione degli aiuti. Noi pensiamo che essa debba servire per valorizzare comportamenti imprenditoriali responsabili. Attendiamo dall’Inea ipotesi che possano favorire un reale equilibrio.

Inoltre, per consentire alle Regioni di attuare le misure per lo sviluppo rurale, vanno definite le zone soggette a vincoli ambientali, le condizioni di ammissibilità degli aiuti, la nozione di codice di buona pratica agricola e la valutazione dell’esistenza di normali sbocchi di mercato. Su tutti questi argomenti non si è ancora aperto un confronto tra il Mipaf e le organizzazioni professionali agricole.

4.  L’agricoltura nei documenti di programmazione

Nonostante questi ritardi, le Regioni stanno elaborando i complementi di programma in un sostanziale rispetto dei tempi e delle procedure di concertazione. Le strutture regionali della Cia sono impegnate dappertutto per ottenere un’adeguata attenzione al settore agricolo.

In generale, viene adottato il principio di reciprocità di intervento tra i diversi settori produttivi. Pertanto, la programmazione non è rigida, ma aperta alle esigenze di tutte le attività economiche, delle componenti sociali nonché dei fabbisogni delle aree rurali. Si registra qualche limite nei programmi di sviluppo rurale, dovuto per lo più all’impostazione di “Agenda 2000”. Sono di solito privilegiate, rispetto agli interventi strutturali, le misure agro-ambientali e i premi, sia per fronteggiare impegni precedentemente assunti, sia perché essi consentono una maggiore velocità di spesa.

Va rilevato, inoltre, che in pochi casi è stabilito un collegamento tra le misure agro-ambientali e le iniziative di valorizzazione dei prodotti tipici ottenuti con metodi ecocompatibili.

Si registrano resistenze da parte delle Regioni nel prevedere all’interno dei programmi la possibilità di realizzare la Sovvenzione globale. Noi annettiamo importanza strategica a tale scelta perché consente interventi di filiera di ampio respiro, di utilizzare in modo integrato i fondi agricoli, quelli per le infrastrutture e le misure per la formazione e soprattutto perché sollecita il protagonismo progettuale delle forze organizzate e restringe gli ambiti delle burocrazie.

La Cia ha sottoscritto un Protocollo di intesa con la Società Alimentaria per predisporre e candidare progetti di filiera nei complementi di programmazione delle Regioni meridionali. Pertanto, siamo impegnati in questi giorni in un confronto con le Giunte regionali per inserire nei documenti la possibilità di utilizzare la Sovvenzione globale.

Occorre prestare una particolare attenzione al settore ortofrutticolo per risolvere in modo equilibrato e flessibile i problemi di compatibilità tra le misure strutturali previste dall’Organizzazione comune di mercato e quelle derivanti dal Regolamento per lo sviluppo rurale. Bisogna evitare in tutti i modi che l’ortofrutta organizzata subisca una discriminazione. Sarebbe un ulteriore colpo ad un settore già penalizzato dalla Pac. La possibilità di utilizzare la Sovvenzione globale e di partecipare ai bandi  con raggruppamenti di imprese costituisce un ulteriore modo per superare le difficoltà.

La realizzazione di progetti di sviluppo mediante strumenti ed organismi partecipati dalle forze sociali è alla base delle Iniziative comunitarie, a cui va data continuità, consolidando le esperienze di maggiore eccellenza realizzate negli anni scorsi. Per quanto riguarda le iniziative Leader ribadiamo l’esigenza di criteri flessibili per l’individuazione delle aree.

Le intese di programma Stato-Regioni, che si stanno stipulando, prevedono interventi significativi per la tutela del territorio ed il corretto uso delle risorse naturali. Si tratta di azioni indispensabili, che non saranno mai sufficienti per prevenire i disastri naturali, assicurare la manutenzione permanente del territorio, garantire un’adeguata e razionale disponibilità d’acqua a scopo irriguo.

Ci vorranno parecchi anni di investimenti nel capitale naturale per evitare tragedie come quelle che si stanno verificando in Campania, perché le aree a rischio di frane e alluvioni sono in Italia più di un migliaio. E’ un impegno di lunga lena che va perseguito con tenacia.

I Consorzi di bonifica vanno considerati come strumenti essenziali per attuare gli interventi di tutela e valorizzazione del suolo e delle acque. Pertanto, ad essi va garantita la possibilità di concorrere alla realizzazione di opere finalizzate all’irrigazione.

Accanto a questi protagonisti storici dell’autogoverno delle risorse naturali, peraltro impegnati in uno sforzo di adeguamento per corrispondere meglio ai propri compiti, altri soggetti si affacciano nella gestione delle politiche d’uso e tutela del territorio. Penso alle aree protette, che interessano quasi il 10 per cento del territorio nazionale e intendono partecipare ai processi locali di crescita e di riassetto territoriale in un positivo rapporto con gli agricoltori, come dimostra la recente intesa stipulata tra le Organizzazioni professionali agricole e la Federazione italiana parchi.

5.  Il “Master Plan”

Una delle realizzazioni del “ Patto di Natale” è la elaborazione del Piano pluriennale delle iniziative volte ad organizzare un’offerta integrata di istruzione, formazione, ricerca e trasferimento tecnologico, il cosiddetto Master Plan. Noi abbiamo partecipato alla sua definizione suggerendo le seguenti priorità: ristrutturazione e riqualificazione degli enti di formazione, costituzione di una fondazione per la formazione continua, previsione di progetti specifici per la formazione orientata alla creazione di lavoro autonomo.

La promozione della ricerca e lo sviluppo del trasferimento tecnologico potranno consentire al sistema produttivo di migliorare la qualità dei propri processi e prodotti. Nel settore agricolo, tale obiettivo potrà essere perseguito efficacemente se si attiva tutta la rete esistente per la diffusione delle conoscenze, definendo una molteplicità di sportelli di tipo pubblico, privato e misto. Si tratta di rendere ottimale il rapporto tra gli istituti scientifici e di sperimentazione e gli utenti, superando una condizione che vede spesso i primi operare senza alcun contatto con il sistema produttivo e i secondi subalterni all’industria fornitrice di mezzi tecnici.

6. La Programmazione negoziata

Il ritardo accumulato per la definizione dei criteri e le modalità dell’estensione della Programmazione negoziata all’agricoltura non ha consentito di spendere i 350 miliardi assegnati al settore nella precedente ripartizione delle somme destinate ai Patti territoriali. Bisognerà individuare nuove risorse nella dotazione di 6 mila miliardi riservata alla Programmazione negoziata dalla Finanziaria 2000 per sostenere le iniziative già in fase avanzata di allestimento.

L’ipotesi di ripartire tra le Regioni le risorse da destinare ai Patti territoriali e di finanziare le iniziative con gli automatismi della legge 488 è condivisibile a condizione che i necessari adeguamenti di tali meccanismi alle specificità delle imprese agricole non siano ancora una volta attuati  in tempi biblici.

Per quanto riguarda i contratti di programma, siamo impegnati a sostenere una serie di ipotesi progettuali concordate con Anca-Lega nell’ambito della Convenzione stipulata tra le nostre due Organizzazioni.

Si è in attesa di poter disporre dei finanziamenti del Bilancio 2000 e di definire, in riferimento a questi strumenti, il ruolo di Sviluppo Italia. Tale struttura è in fase di profonda riorganizzazione. L’intento è di farne un supporto alle amministrazioni pubbliche per lo sviluppo dei sistemi locali. Bisognerà vedere se la nuova missione si configurerà come gestione per orientare dall’alto investimenti strategici verso il Mezzogiorno oppure come agenzia di servizio. Sarebbe auspicabile la seconda ipotesi, per poter attrarre investimenti, facendo conoscere le opportunità previste nel Sud, ma supportando i soggetti imprenditoriali locali e ponendosi come punto di riferimento responsabile e unitario per assistere la realizzazione dei contratti di programma.

7. Il decentramento amministrativo

Nel nostro Paese la scelta di rinnovare le strutture dello Stato in senso federalista deve considerarsi irreversibile. Del resto il processo di decentramento dallo Stato alle Regioni e il conferimento di funzioni da parte di queste agli enti locali si sta progressivamente attuando.

Due questioni meritano un approfondimento. La prima riguarda la gestione dei pagamenti degli aiuti al reddito, dei premi e delle misure di accompagnamento. Tale problema ha subito una complicazione a seguito della scelta di finanziare, nelle Regioni dell’Obiettivo 2, anche gli interventi strutturali agricoli con il Feoga garanzia. Pertanto, Agea dovrà predisporsi allo svolgimento di compiti operativi più ampi rispetto a quelli svolti dall’Aima e nello stesso tempo restringere la propria funzione a quella di coordinamento man mano che le Regioni si doteranno di propri organismi pagatori, come ha scelto di fare la Toscana.

La seconda questione riguarda il principio di sussidiarietà che va realizzato contestualmente tra i livelli istituzionali e le rappresentanze sociali. Si tratta di accompagnare il processo di decentramento di funzioni e compiti amministrativi agli enti locali con il riconoscimento di funzioni e compiti di interesse pubblico svolti dalle formazioni sociali dentro un quadro definito di regole, per meglio corrispondere a criteri di efficienza e di collegamento alle richieste degli intenti.

Sarebbe auspicabile affrontare le due questioni contestualmente mediante la costruzione di un sistema unitario di erogazione delle risorse comunitarie che veda protagoniste Agea, le Regioni e le organizzazioni professionali agricole con le strutture da esse promosse al centro e nelle realtà regionali. In tal modo il passaggio progressivo da un unico organismo pagatore centralizzato ad una pluralità di strutture pubbliche a livello regionale potrebbe avvenire senza appesantimenti burocratici nell’apparato pubblico, con l’obiettivo primario di rispettare i tempi di erogazione delle risorse comunitarie agli agricoltori e di consolidare gli strumenti di interfaccia procedurale tra la pubblica amministrazione e gli utenti per l’insieme dell’intervento pubblico in agricoltura.

In altre parole proponiamo una nuova articolazione che realizzi un incremento della qualità della relazione sociale e della dimensione dell’autonomia e dell’autogoverno dei corpi sociali intermedi.

La recente istituzione dell’Anagrafe delle aziende agricole e della Carta dell’agricoltore presenta aspetti di evidente semplificazione. Tuttavia, se non si intreccia con il riconoscimento alle organizzazioni professionali della possibilità di accedere ai servizi e agli archivi dell’Anagrafe, il sistema potrebbe comportare oneri burocratici superiori ai vantaggi ottenuti.

Anche lo Sportello unico per le imprese, con il supporto dell’Osservatorio sulla semplificazione, si sta gradualmente estendendo nei Comuni ed è stato aperto anche all’agricoltura. Si è in attesa della legge annuale sulla semplificazione, all’esame del Parlamento, con la quale si potrà riorganizzare la Conferenza dei servizi e determinare un’accelerazione delle attività dello Sportello unico.

Infine, vanno compilati i Testi unici delle innumerevoli leggi agricole esistenti per ottenere una loro semplificazione. Dante elogiò Giustiniano anche perché tolse alle leggi “il troppo e il vano”. E ancora oggi questa esigenza – insieme ad una profonda riforma della pubblica amministrazione - è attuale per snellire le procedure, liberare gli agricoltori dai vincoli inutili e consentire alle imprese agricole di aumentare i redditi, innovarsi e rispondere ai bisogni nuovi della società.